«A 7 anni lavoravo» - Lezioni dall’Africa

ASOC. Tre giovani provenienti dal Benin hanno raccontato le loro storie nelle nostre scuole

I diritti violati dei minori in molti Paesi del mondo «Alcuni hanno rialzato la testa» dice Aldo Prestipino

Blanche, Ferdinand ed Edwige con l’interprete nella sede dell’AsocIl rispetto. E poi, il diritto alla formazione, a un lavoro leggero e limitato, al riposo per malattia, all’ascolto, al divertimento e al gioco, alle cure sanitarie, ad esprimersi, a leggere, a scrivere. E ad un giustizia equa in caso di problemi.
A leggerle, queste dichiarazioni d’intenti, sembra di tornare indietro di anni e anni, quando anche nel nostro Paese i minori venivano sfruttati. Di passi avanti ne abbiamo fatti molti, ma nel resto del mondo no. Soprattutto in Africa, dove lo sfruttamento dei bambini è ancora una regola di vita. Dettata dal bisogno, dall’ignoranza, dall’arretratezza.
Ma quando sono i bambini a ribellarsi e alle spalle hanno associazioni che si occupano di loro, allora la rivoluzione è veramente iniziata. Un sconvolgimento lento, ma capace di svegliare le coscienze, in grado di produrre carte di diritti, di arrivare fino in Italia e chiedere aiuto. Con il silenzio non si ottiene nulla, ma con la consapevolezza prima e con la capacità di parlare poi, si può andare avanti. Battere strade in salita per chi arriverà dopo.
L’Asoc (Solidarietà e cooperazione) guidata in città da Aldo Prestipino ha fatto dei diritti all’infanzia una forma di convivenza civile. Dal 15 aprile sono ospiti in città tre ragazzi provenienti dal Benin, arrivati grazie ad un progetto della Regione. «Protagonismo giovanile diritto allo studio- diritto al lavoro»: in queste due settimane (i ragazzi partiranno venerdì) hanno visitato scuole della città della provincia, hanno parlato della loro esperienza.
Quella di Blanche Tohouegnon, 14 anni: «A cinque anni ho iniziato ad andare a scuola, ma dopo un anno la mia famiglia non aveva più i mezzi per sostenermi. Un giorno arrivò una zia che mi portò in una città vicina per darmi un... avvenire. In realtà mi trattava male, lavoravo come domestica dalle 5 alle 22 senza un giorno di riposo, senza andare a scuola....».
Una situazione che si è protratta per anni finché Blanche ha incontrato al mercato un membro dell’ EJt (movimento dei bambini e giovani lavoratori) che le ha spiegato i diritti che i bambini dovrebbero avere. Così è tornata a studiare e poi a chiedere dignità. Ora lavora per aiutare altri giovani.
La storia di Ferdinard non è molto diversa: aveva perso il padre e la famiglia si era spostata in un altro villaggio. Lui aveva cominciato a lavorare a sette anni: guidava barche a motore per trasportare gente da una parte all’altra di un lago, ma non lo pagavano.
Lavorava 14 ore al giorno. Ferdinand aveva un sogno: diventare fotografo. Ora, ha la sua bottega nel Benin, va in giro a raccontare la sua storia, segue altri adolescenti e nel suo laboratorio ci sono altri quattro apprendisti.
Ecco le storie di vita. Le storie dell’altro mondo. Quello che spesso non riusciamo a guardare in faccia.
Uno spicchio di questa realtà la fa conoscere l'Asoc. «Riuscire ad affermare diritti fondamentali non è semplice - ammette Aldo Prestipino - ma i ragazzi sono forti, determinati e l’hanno dimostrato in più occasioni. In molti Paesi dell'Africa molti minori spariscono, se ve vanno in cerca di un' occupazione che diventa solo sfruttamento. Che nascano movimenti come questi è fondamentale, perché vuol dire far crescere generazioni con idee diverse. E solo così questi Paesi potranno avere un futuro. Una dignità e quindi potranno chiedere più rispetto». 

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