Se l’Europa diventa complice dello sfruttamento dei bambini

Il . Inserito in Comunicati per il sito

foto bambinosirianoIl 23 maggio 2016 il programma Piazzapulita, dell'emittente televisiva La7, ha dedicato parte della sua puntata ai laboratori del settore pelle e tessile in Turchia1 .

Nei luoghi visitati dai giornalisti a Gaziantep, al confine sud con la Siria, e a Zeytinburnu, periferia di Istanbul, si producono prodotti a bassissimo costo, che vengono acquistati da diversi brand europei per essere poi rivenduti a un prezzo competitivo nei nostri negozi.

Fin qui non ci stupiamo: diversi sono stati in passato gli “scandali” che hanno suscitato imbarazzo tra le grandi multinazionali dell’abbigliamento in India, Bangladesh o Tailandia.
Questa volta però, vittime dello sfruttamento sono bambini e ragazzini tra gli 8 e i 13 anni fuggiti con le loro famiglie dalla vicina Siria devastata dalla guerra.

Lavorano in condizioni disumane, per più di 10-11 ore al giorno, a contatto con sostanze nocive, in totale assenza di protezione e garanzie, e non hanno accesso all'istruzione.
Il reportage segue la vicenda di Azam, un bambino di 9 anni impiegato in una sartoria. Lui e la mamma lavorano per mantenere la famiglia, composta da altri 3 fratelli minori, dopo che il papà ha perso il lavoro in seguito ad un incidente che lo ha reso invalido.
Nelle medesime condizioni sicuramente si trovano tutti i bambini che lavorano cucendo pantaloni o producendo inserti per scarpe: fame, necessità di contribuire al sostentamento di famiglie che hanno perso tutto e sono dovute fuggire.

Chi come ASoC lavora da anni sostenendo le attività dei Movimenti dei Bambini Lavoratori in Africa ed America Latina conosce bene questi racconti. Troppo spesso si pensa che queste cose accadano in posti lontani dal nostro mondo europeo a misura di bambino.
Sono storie di uno sfruttamento troppo visibile, dove la negazione dei diritti fondamentali dei bambini è evidente: eppure fanno comodo a coloro che, nascondendosi dietro leggi e concessioni economiche, permettono alle multinazionali di arricchirsi sul futuro negato dei più deboli.

Questa volta però colpisce un episodio a noi così vicino, in cui è la stessa Europa a rendersi complice e responsabile di questo sfruttamento. In occasione della firma dell’accordo dello scorso marzo (cfr. precedente articolo) la Turchia è stata riconosciuta come “paese terzo sicuro”, in modo da poter “rinviare” indietro i migranti irregolari che da lì cercano di entrare in Grecia. L’UE garantirà 6 miliardi di aiuti, in due tranche, affinché la Turchia si incarichi della sistemazione dei profughi siriani. Ciò dovrebbe avvenire secondo i principi di protezione, assistenza e prospettive di integrazione, garantiti della convenzione di Ginevra (1951), ma le immagini girate tra quei laboratori mettono in serio dubbio le reali capacità e interessi della Turchia a farlo.
Secondo i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR) nei primi 3 mesi del 2016 gli arrivi illegali in Grecia, provenienti dalla Turchia, sono stati oltre 138 mila: quasi la metà erano minori2. I numeri ci aiutano a capire le proporzioni di minori, spesso non accompagnati, prescelti dalle famiglie nella speranza di un futuro lontano dalla guerra e dalla povertà.

Di fronte all'incapacità della politica di gestire le situazioni reali di bambini e ragazzi profughi, noncurante del fatto che la Turchia abbia ratificato le convenzioni 138 e 182 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro3, sbandierate dalla comunità internazionali come i baluardi della difesa dell’infanzia, ancora una volta diventa chiara ai nostri occhi l’importanza delle attività che svolgono i Movimenti di Bambini Lavoratori.

Adoperandosi per dare il loro apporto dal basso insegnano ai loro pari a difendersi dallo sfruttamento, che cosa siano i diritti dei bambini e perché bisogna chiedere che siano rispettati; spesso devono lottare, facendosi strada tra le logiche delle Organizzazioni Internazionali che distolgono la loro attenzione verso altri soggetti e a volte dubitano della loro reali capacità di azione.
Di fronte a tutto questo, i membri di ASoC appoggiamo ancora con convinzione altre forme di cooperazione, che diano strumenti ai bambini e ai ragazzi per diventare membri attivi delle loro società.

Articolo di Julia Preto Cerini


1: Qui il link per vedere il servizio: http://www.la7.it/piazzapulita/video/la-fabbrica-dei-bambini-prima-parte-23-05-2016-185045

2: Cfr. F. Maronta, «Migranti, minor risultato col massimo sforzo», Limes, 3/2016.

3:Rispettivamente la convenzione sull'età minima è stata ratificata nel 1998 e quella sulle peggiori forme di lavoro infantile nel 2001.

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