Dall'Argentina, il presidente di ASoC

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Da Vicenza all’Argentina e ritorno: riflessioni sulla situazione politica, economica e sociale del Presidente di Asoc.

Appena rientrato da una missione di un mese in Argentina, ai molti che mi chiedono com’è la situazione in quel Paese, mi ritrovo a ripetere quelle che sono state le riflessioni ricavate dai ripetuti incontri con molte comunità nella provincia di Buenos Aires (Provincia più grande dell’Italia) e nella provincia di Salta al nord dell’Argentina.
Il nuovo Governo incomincia a riconquistare la fiducia della maggioranza dei cittadini, incredibile se si pensa che solo due anni fa la frase:”Que se vaian todos” (che se ne vadano tutti), rimbalzava da ogni angolo del Paese rivolta a tutte le istituzioni poliche e alla magistratura.
Sul piano politico l’appoggio che il Presidente argentino si sta conquistando tra la popolazione deriva da quattro particolari fattori:

  1. la ferma posizione assunta contro tutti i responsabili di efferati crimini della passata dittatura (abrogazione delle leggi del “Punto final” e della “Obedencia debida” che rendevano impunibili i torturatori) e la rapida destituzione dei vertici militari compromessi;
  2. la forte determinazione a perseguire coloro che negli ultimi 12 anni di “democrazia” hanno saccheggiato le ricchezze del Paese: dai vertici del Pami che si sono arricchiti sui pensionati, ai politici, dalle Banche alle Multinazionali;
  3. La scelta da parte del Presidente di trattare con il Fondo Monetario Internazionale, anteponendo gli interessi nazionali a quelli del Fondo, non temendo di indicarlo come corresponsabile del tracollo argentino (del FMI era la ricetta applicata dal precedente Presidente Menem);
  4. la decisione di sostenere il Mercosur (mercato comune tra i Paesi dell’America del Sud), in grado di corrispondere meglio alle esigenze dei Paesi latino-americani, in forte alleanza con il Brasile, anziché l’Alfa (mercato comune dell’intero continente americano proposto dagli Usa).


Sul piano pratico la svalutazione del peso argentino, dopo anni di parità con il dollaro che aveva reso le merci argentine troppo care per l’esportazione, inizia a ridare fiato all’economia: si stanno lentamente creando nuovi posti di lavoro, dopo decenni di smobilitazione delle ferrovie lo Stato decide di rilanciarle, il turismo interno è in ripresa, e l’Argentina, grazie anche al cambio favorevole, incomincia a rientrare tra le mete di turisti europei e americani; è ripresa inoltre l’esportazione di carne e quest’anno la coltivazione della soia, il cui prezzo internazionale è salito moltissimo, sta diventando un fattore di recupero per il settore agricolo.
Una somma di condizioni pratiche e di segnali politici che ha riportato fiducia tra gli argentini, ma….ma la stretta soffocante della rinegoziazione del debito estero (180 miliardi di dollari) lascia poche speranze: le risorse che il Paese sta con difficoltà rimettendo insieme, anziché essere utilizzate per sostenere queste iniziative di ripresa, secondo i G7 e il FMI dovrebbero essere utilizzate per pagare i crediti.
Il ministro per l'economia Roberto Lavagna, che da tempo dichiara che allo stato attuale l’Argentina non può far fronte ad una restituzione del debito in misura superiore al 25%, si è dichiarato disponibile ad un’eventuale correzione di incremento legato alla crescita del Pil argentino e in questi giorni è in corso a Buenos Aires una missione del Fmi per una negoziazione che si preannuncia assai difficile. Intanto il Paese reale si dibatte ancora tra gravissime difficoltà: per le strade si incontrano intere famiglie che rovistano nei sacchi della spazzatura, sono in aumento i bambini che autonomamente attuano le più disparate strategie di sopravvivenza, i disoccupati e i pensionati al minimo riescono a sopravvivere solo grazie alla rete di appoggio parentale, negli ospedali continuano a mancare i medicinali.

Aldo Prestipino

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