L'AFRICA DI ILARIA ALPI

Il . Inserito in Comunicati per il sito

La Procura di Roma ha chiesto una nuova archiviazione dell'indagine relativa all'omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell'operatore Miran Hrovatin, avvenuto il 20 marzo del 1994 a Mogadiscio, in Somalia. La richiesta, in base a quanto si apprende, è in fase di notifica alle parti. Nel giugno scorso il Gip, accogliendo una istanza avanzata dai legali della famiglia Alpi, aveva disposto ulteriori accertamenti dai quali però non sarebbero emersi elementi tali a proseguire le indagini.

Quindi nessun mandante e nessun killer sarà consegnato alla Giustizia per quel duplice omicidio, ma neppure nessuno pagherà sui danni prodotti in quel Paese e a tanti loro abitanti dalla politica scellerata degli Italiani in Somalia..

Basterebbe ricordare i reportage (quelli che non hanno fatto sparire) di Ilaria Alpi,  la quale ci ha spiegato come noi italiani abbiamo finanziato e armato fino ai denti il dittatore locale, in cambio di poter fare del loro Paese, il luogo delle peggiori scorribande e una cloaca dove scaricare i veleni più tossici con la conseguenza di migliaia di persone morte per malattie e per repressione che, a confronto,  la terra dei fuochi è un giardino di rose.

Ilaria aveva messo il dito nella piaga e per questo è stata uccisa, ma di questo non si deve parlare, purtroppo quelle nefandezze  sono un  esempio di come i Paesi stranieri operano in Africa, magari con diversi gradi di aggressività, ma comunque quella è la direzione.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.jpg

Mentre i Paesi europei fanno di tutto per bloccare l'immigrazione, continuano nelle loro politiche predatorie in Africa, lo abbiamo visto: con la pesca davanti al mare del Senegal, dove i pescherecci stranieri hanno ridotto un mare pescosissimo ad un deserto, mettendo alla fame migliaia di pescatori locali e tutta la filiera che viveva e guadagnava sul pesce; con il  cotone del Benin che finisce, praticamente tutto, direttamente sui camion e portato alle navi per l'esportazione, rendendo impossibile lo sviluppo di una industria di trasformazione locale,  con grande perdita di posti di lavoro; con il legname e tanti altri prodotti,  con la terra fertile che viene tolta ai contadini e comprata da grandi gruppi esteri.

Proviamo a pensare se, qui da noi, tutta l'uva del prosecco venisse presa dalle vigne e portata all'estero per la vinificazione, quanta nostra gente perderebbe lavoro e reddito.

Per garantire tali politiche vengono comprati interi gruppi dirigenti, vengono tenute sotto controllo le attività finanziarie e peggio ancora vengono condizionate dall'esterno le votazioni o orchestrati colpi di Stato. Questa è la situazione in gran parte dell'Africa, le guerre e la povertà sono, in buona parte, una conseguenza di questa attività predatoria.

Di questo dovremmo essere consapevoli e da questo muovere le nostre mobilitazioni. Siamo pronti e attrezzati per far cambiare qui, in Europa, questo sistema di cose?

Non si tratta di pretendere che tutti gli attori stranieri si ritirino dal Continente, ma che abbandonino lo sfruttamento indiscriminato e le intrusioni politiche: Occorre lavorare per una  Nuova carta delle relazioni internazionali, che impegni Governi e Imprese a stare dentro determinati limiti di azione, condivisi con le popolazioni africane.

Fortunatamente in Africa ci sono anche motivi di  speranza, molte organizzazioni e realtà impegnate a  resistere e a mobilitare le forze migliori per invertire la situazione. Una di queste è il Movimento africano del bambini e giovani lavoratori (MAEJT), presente in 27 Paesi africani, che mobilita oltre 1 milione tra bambini, adolescenti ed educatori.

Forza Africa

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