NOI CHE IN ERITREA

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Proprio ora che si è aperto uno spazio di speranza grazie alla firma, il mese scorso, del trattato di pace tra Eritrea e Etiopia dopo 18 anni di belligeranza, abbiamo dovuto assistere al sequestro su una nave italiana dei figli di un Paese, l'Eritrea, nel quale l'Italia ha avuto una presenza fortissima fino dal 1890 e una lunga storia di sviluppo e integrazione.

Nella Capitale Asmara, il Bar Roma, il Caffè Italia, la concessionaria FIAT, le centinaia di case e villette in stile Liberty costruite nei primi del 1900, la straordinaria ferrovia  tra Asmara e Massaua sul Mar Rosso,  le grandi aziende agricole, i milioni di chilometri di terrazzamenti e il commercio del caffè, ci raccontano di quanto fossero legate Eritrea ed Italia.

Con ASoC  abbiamo appoggiato il Movimento di Liberazione eritreo quando nel 1991 ha liberato il Paese dal giogo  del dittatore Etiopico Menghistu e, per gli 8 anni successivi, abbiamo partecipato, con tre progetti dei cooperazione, alla Primavera Eritrea stroncata da un'altra aggressione etiopica nel 1999.

Abbiamo per più volte ospitato nella nostra città Tzegay Mogos, fino al 1991 capo della diaspora eritrea in Europa, poi Segretario Generale del Sindacato Eritreo e infine Ambasciatore in Italia del suo Paese.

Per noi che dal 2000 al 2005  abbiamo supportato a Vicenza la riunione degli Eritrei in esilio  in Alta Italia, a sostegno alla difesa dell'integrità del territorio eritreo; il blocco di fratelli eritrei su una nave la abbiamo vissuta come insopportabile.

Ora che  è finito un incubo  e si riapre finalmente una speranza di progresso e di Pace in Eritrea ed Etiopia, il nostro Governo  invece di prendersela con i profughi, dovrebbe attivarsi per riprendere le relazioni diplomatiche con l'Eritrea e tendere una mano ai riaprire i canali di cooperazione chiusi a causa del clima di guerra presente nel Paese la legge marziale e la repressione.

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